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lunedì 20 gennaio 2014

Perché un "nuovo" Dizionario dei luoghi comuni?

 
Fosse vissuto in questi anni, Flaubert si sarebbe scompisciato dalle risa - pur col sopracciglio aggrottato - ascoltando l'infinito flusso di sciocchezze che ogni giorno i media riversano nelle nostre orecchie. Bouvard e Pécuchet - a differenza di quanto accade invece nel finale del libro hanno definitivamente vinto la battaglia culturale nel mondo che conta e ormai imperversano nei talk pomeridiani, nei social, nei bar, a casa vostra, dentro di voi.
  Se non avete ancora letto il Dictionnaire des idées reçues affrettatevi a farlo e dispiacetevi un pochino per il fatto che purtroppo un'emorragia cerebrale si è portato via l'autore prima che l'opera fosse portata a termine.
  Flaubert attese per tutta la vita alla compilazione del Dizionario, nell'intento - esplicitato in una lettera a Louise Colet - di azzittire finalmente gli idioti: «bisognerebbe che in tutto il libro non ci fosse una parola mia, e che, una volta letto il dizionario, non si osasse più parlare, per paura di dire spontaneamente una delle frasi che vi si trovano». Va da sé che tale intento manifestava un'eccessiva fiducia nell'intelligenza degli idioti: quanti di questi avrebbero letto il Dizionario? e quanti - una volta letto - si sarebbero vergognati nel proferir ancora verbo? Flaubert non poteva certo conoscere all'epoca Le leggi fondamentali della stupidità umana formulate da Carlo Cipolla quasi un secolo dopo la morte del nostro.
  Consapevole dell'assoluta sproporzione tra le forze in campo (a fra il sottoscritto e Flaubert; b fra i pochi schernitori e i molti fruitori di luoghi comuni) ci limiteremo qui ad aggiornare l'elenco originale ai tempi nostri, cercando di strappare ai lettori un sorriso, agli imbecilli un guizzo di consapevolezza e... (basta: un elenco composto da tre elementi sarebbe un luogo comune! :-)